A Bari un’oasi creativa, un luogo fisico e mentale dove gli artisti e il pubblico possono incontrarsi fra loro. Tra gli artisti che hanno aderito al progetto della Contraccademia c’è Marco Ciccarese, artista italiano contemporaneo, nato a Bari. Dopo una carriera nel marketing, decide di rivelarsi al mondo dell’arte. Dà forma a tecniche di pittura sperimentale e abbandona la pittura figurativa per un viaggio introspettivo audace e profondo. Guarda alle profondità dell’animo umano e abbraccia la filosofia giapponese del Wabi-Sabi che esalta la bellezza dell’imperfezione e dell’impermanenza. Quindi elabora concetti filosofici che comprendono serie artistiche come “Interiora”, “Quark”, “Croste”, “Aerocroste” e “Membrane”. Non si ferma mai.
“La mia anima, quella dell’uomo e dell’artista, non ha bisogno di raccontarsi. Siamo governati dalle stesse regole dell’universo. Le chiavi di lettura sono dentro di voi”.
Vive la sua arte in un flusso costante di ricerca e sperimentazione. Trame estreme, alchimia e forti contrasti. Universi interiori da scoprire, accarezzando le superfici complesse delle sue opere. E’ un fragile equilibrio che rimugina sul punto di rottura dell’arte.
“Anni fa ho iniziato a odiare le simulazioni. Le emulazioni. Il mio modo di sentire la vita è cambiato e la mia pittura ha subito un’evoluzione drastica. Tutto nasce dalle rovine della mia esistenza, ma mi fa sentire vivo”.
Si esprime in un elaborato processo pittorico in cui ogni ingrediente viene trattato e trasformato per costituire una premessa materiale precisa.
Una danza violenta distribuisce la materia in una moltitudine di livelli narrativi emozionali. E’ lo sfogo di una meditazione allucinata. L’opera sembra una palude di colori sfuggenti. Tutto si evolverà fuori controllo in quel presagio che Ciccarese ha visto nel buio dei sensi. Dove nessuno ha avuto il coraggio di entrare.
Prima di porgli alcune domande per conoscerlo meglio, ecco un piccolo viaggio nella sua pittura:
Ciao Marco, da dove nasce il tuo amore per l’arte e da cosa trai ispirazione?
L’Arte ha in sé il germe della comunicazione. La definirei più una attitudine. Una vocazione. Un fattore legato alla mia crescita e a tanti scatti evolutivi.
Nel mio caso significa anche emergere da un buio che ha invaso la mia visione dell’esistenza. Mi ispira l’esperienza umana. La consapevolezza e il disincanto visti da una prospettiva introspettiva. Le emozioni silenziose, ma sopratutto quei sistemi interiori che non riusciamo a governare del tutto con la ragione. Processi che interferiscono con il nostro vissuto fino a spingerci al punto di rottura. L’essenza del tempo e dello spazio interiore. L’incidente. Mi ispira la filosofia giapponese Wabi-Sabi e la stagione ormai conclusa del movimento artistico Gutai. Assieme a questo sento di citare le riflessioni artistiche di Piero Manzoni, Luicio Fontana, Alberto Burri, Pierre Soulanges, Yves Klein ed tanti altri maestri che continuano a sostenere ed indirizzare il mio pensiero.
Che lingua parla la tua arte?
Ho abbandonato in parte la figurazione per affrontare un percorso diverso. Definirlo astratto è sempre stato comodo per alcuni, ma in realtà è errato.
Indago sull’animo umano utilizzando la mia esperienza. I mie stati d’animo e le emozioni che accompagnano il mio vissuto. L’Arte per me è “azione”. L’impulso che la crea ha interazioni profonde con energie nascoste che sono spinto ad assecondare senza freni. Utilizzo la materia, il gesto e tutto quello che posso lasciare andare di me. L’opera cresce e fiorisce spesso fuori dal mio controllo. Microclima, spazio e tempo influenzano radicalmente il mio processo. Molto più concreto che astratto. E’ un alfabeto incompleto, ma anche un codice che si perfeziona di opera in opera. Dall’universo interiore che ritraggo, l’individuo appare come una divinità mortale imprigionata, in costante evoluzione. Una entità nello spazio non sempre consapevole del suo potenziale. Creo dei presupposti, degli specchi in cui scoprirsi.
Mi piace che ci sia grande libertà interpretativa in chi incrocia lo sguardo con un mio pezzo e decide di possederlo. Il gesto è mio, ma il risultato di quella “azione” appartiene a chi stabilisce un rapporto intimo tra quello che vede e quello che sente dentro. In un mio pezzo vorrei che tu vedessi ciò che hai dentro, non ciò che ho vissuto io. Cerca un piccolo spazio per entrare. Ritorna domani e ne scoprirai uno nuovo. Inaspettatamente. La permanente in Santa Teresa dei Maschi è una buon occasione per chiacchierarci sopra.
A cosa stai lavorando in questo periodo e cosa stai progettando?
In questo periodo, percepisco il forte desiderio di evadere dal confine della tela. Voglio distruggere i confini del quadro. Sfuggire da quel supporto pittorico amplificando l’immateriale tra opera e pensiero dietro lo sguardo. Nell’esposizione in Santa Teresa dei Maschi è possibile vedere in anteprima l’avvio di questo percorso. Seguirlo nella sua evoluzione. Non saprei dirti oggi a cosa mi porterà. Per me il “processo creativo” è tutto. Io stesso fatico a starmi dietro poichè non smetto mai di distruggere e costruire.
Ci racconti del tuo rapporto con Santa Teresa dei Maschi e con la Contraccademia?
Sono molto legato a Contraccademia. Un gruppo eterogeneo e prolifico ispirato da quei valori che Bibart ha voluto dedicare alla città di Bari, e non solo.
Santa Teresa dei Maschi è un luogo di grande fascino. Parlare di “galleria”, “mostra” o “esposizione” sarebbe riduttivo. E’ un’esperienza coinvolgente per noi artisti, ma credo sopratutto per chi ci viene a trovare. Un’Arte inclusiva che estende le sue ragioni alla piena comprensione di cosa significa vivere l’Arte con profondo sentimento e trasporto. Seguire il processo creativo di più artisti contemporaneamente pone ottime basi per un dialogo stimolante tra opere, artisti, visitatori ed ambiente. Questa esperienza è unica. Indefinita. Il suo cammino è piacevolmente imprevedibile.
Come ti sta influenzando artisticamente lavorare insieme e dipingere in chiesa?
Mi influenza il rapporto con il pubblico e con gli amici artisti. La comprensione dei diversi percorsi artistici, la condivisione di problematiche tecniche comuni.
La somma di una cifra artistica contemporanea che parla diverse lingue, ma che ha il coraggio di mostrarsi indipendente ed attiva. Io stesso amo osservare il lavoro dei miei amici. E’ un’esposizione dinamica e mutevole nel tempo, ma come detto non basta. Contraccademia è un dialogo aperto. Essere testimoni della propria contemporaneità è sopratutto questo. Il pavimento in marmo, quella luce setosa e i grandi dipinti antichi tra statue di santi ed altari. I decori sobri che ti spingono a cercare in alto nuove forme. Il brusio del borgo, qualcuno che dentro taglia listelli di legno per farne un telaio o chissà cosa. Tutto ha la capacità di triangolare con quanto da noi esposto per generare stimoli sempre nuovi. Santa Teresa dei Maschi è un luogo che non conosce noia, ma neanche fretta, seppur tutto sia in costante movimento. Sono vibrazioni alle quali ci si deve lasciar andare facendosi assorbire. Contraccademia ha anche il potere di mettere in discussione la figura stessa dell’artista e in Santa Teresa puoi far ardere la tua vocazione innescando un patrimonio artistico contemporaneo spaventoso. Ti assicuro che oggi l’Arte vera fa paura.
Essere artista al giorno d’oggi cosa significa per te?
Sapersi prendere delle responsabilità, senza mai sentirsi parte di una élite. Vivere un processo evolutivo costante, indagare il quotidiano e comunicare.
Dire ciò che non vogliono tu dica. Se ami davvero l’Arte devi scegliere da quale parte dell’opera stare e anche un po’ come vivere. Come sentire l’universo che hai dentro e quello che ti circonda. Ispirarsi e creare con “spirito di servizio”, poichè siamo noi i primi a dover dare. Io faccio l’artista. Questo ho scelto di fare e di essere. Oltre il mito dell’eroe romantico però deve esserci un soggetto consapevole e determinato. In realtà il cuore non basta. Essere artista oggi richiede molta disciplina e concretezza, oltre a tempo e danaro da investire. Produrre ha un costo e bisogna sapersi amministrare con saggezza. Emergere nel mercato dell’Arte è una ambizione che non nascondo. L’idea che una mia opera possa scavalcare questa epoca e ispirare le future generazioni mi affascina.
Bisogna sapersi guardare da tante “trappole” seminate sul cammino da chi cerca di speculare sulla tua ambizione. Da chi vorrebbe piegare il tuo messaggio a vezzi estetici rassicuranti e privi di comunicazione o sentimento. Altro non sanno fare.
Arte e Social come utilizzi il web per raccontare la tua arte?
Utilizzo sopratutto Instagram e Facebook. Condivido parte del mio processo creativo e talvolta scatti del mio quotidiano. Lo faccio più per deformazione professionale. Mi piace mostrare i dettagli delle mie opere e segnalare eventi in cui sono coinvolto o che possono essere interessanti per i miei follower. Molti sono artisti o comunque operatori nel campo dell’Arte. Provengono da tutto il mondo e questo è un aspetto molto interessante. L’Arte va vissuta. L’Arte va toccata! Deve essere sentita. Non bisogna sottovalutare le potenzialità dei social network, ma nemmeno sopravalutarle. La semplificazione spesso svilisce l’Arte stessa privandola del suo più alto significato. Un’esperienza diretta ed impattante che non può essere solo raccontata. L’amore per l’arte non si esprime solo con i “like”. Acquisto, partecipazione attiva ad eventi, dialogo, sono alternative concrete che tengono in vita un focolare di meraviglia.
CONTATTI
Web site: www.marcociccarese.com
e-mail:info@marcociccarese.com
instagram:marco.ciccarese.artist