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Natale a Bari: tutte le tradizioni ancora vive e da far rivivere

La poesia di Natale. L’intimità del Natale. Natale festa della cristianità, ricorrenza popolare dalle antiche radici. Molti scrittori si sono cimentati sul tema del Natale: basterebbe ricordare per tutti Charles Dickens con il suo Canto di Natale. Nella tradizione il Natale barese incominciava il 22 novembre festa di santa Cecilia, la celeste patrona della musica. La silenziosa attesa veniva all’improvvisa premiata: dall’organo scendeva, con tutta la potenza delle sue canne d’argento, il canto natalizio di Sant’Alfonso dè Liguori:”Tu scendi dalle stelle…”. Era il primo avvertimento: Natale era alle porte. Il 30 novembre è la festa di Sant’Andrea, l’ apostolo. Da noi gli Andrea, sono infiniti. Recita allora un detto popolare: “Andrè, Natale a vindiquatte. Però, ce fasce megghie le cunde, Natale jè a vinditrè”. Nella quale frase , l’ironia popolare gioca sulla Vigilia, che è il 24 ma la fa quasi apparire al 23. Quei ventitré, sta invece per i ventitré giorni che mancano al 24 dicembre.

Dicembre pieno di feste.

Poi arriva il mese di dicembre, pieno di feste, quasi tutte anticipazioni del Natale. Il proverbio antico recita: “I so dicembre e porteche u chestipe/ u iurne ca nascì Sanda Necole u vindicinque ca nascì u redentore e s’accide u puerche senz’avè delore”. La festività di San Nicola del 6 dicembre, ha un feeling con quella natalizia e non è un caso poi che il santo patrono sia diventato, per gran parte di questo mondo, il Babbo Natale che porta i regali ai bimbi buoni della terra, con una grande slitta tirata da renne e un sacco immenso stracolmo di doni. Le festa del santo patrono inizia alle ore cinque, al suono delle campane della basilica del santo. A Bari le luci si accendono l’una dopo l’altra. I baresi si alzano presto (è questo il primo miracolo della giornata) per venerare il Santo. Dopo la messa tutti a mangiare (focacce e polenta fritta, chiamata da queste parti sgagliozza) e a bere (cioccolata calda accompagnata da biscotti (savoiardi) o cornetti appena sfornati ). Sono eventi sospesi tra cielo e terra. Dopo il 6 dicembre ecco arriva un’altra festa, tappa fondamentale nella preparazione dei riti casalinghi natalizi: il 7 dicembre, vigilia dell’Immacolata (la prima delle tre vigilie che ci portano al Natale) che si celebrava con un digiuno che almeno un tempo, era severissimo. Non sia mai toccare durante il giorno, un po’ di pane, o assaggiare qualcosa, ma a sera la grande abbuffata che non era da meno a quella della vigilia natalizia. Dopo la festa dell’Immacolata arriva il 13 dicembre (la seconda vigilia celebrata lo stesso giorno) giorno in cui la chiesa festeggia Santa Lucia cui i baresi sono molto devoti. In questo giorno tutti a venerare la santa protettrice della vista la cui statua è custodita nella bella chiesa di Santa Scolastica, situata alla fine di Via Venezia nella città antica. In questo giorno le giornate poco a poco iniziano ad allungarsi di “Un passo di gallina”. E proprio in quel giorno nelle chiese e nelle case si comincia a preparare il presepe. Dopo un anno, S. Giuseppe, la Madonna, il Bambino, i pastori, i Re Magi, i venditori di frutta e verdura, di pesce e di carne liberati dai fogli di giornali tornano a rivedere la luce. Dopo i personaggi del presepe, il sughero a non finire. La costruzione barese abbonda di questo morbido elemento utilizzato per costruire la grotta, e la vecchia Betlemme. Dal contadino o dall’amico fruttivendolo si fanno arrivare arboscelli di lauro o di pino e rami di aranci e mandarini. Un tempo, con questi profumati frutti si facevano gli addobbi per decorare la casa e il presepe insieme alle noci secche (svuotate dal gheriglio) e coperte da carta stagnola argentata. Davanti alla grotta, candele e stelle filanti e muschio raccolto sui tetti delle terrazze, o dalle campagne vicine, per far nascere Gesù in un divino e silente prato verde.

La novena in preparazione al Natale

Il 16 dicembre poi in tutte le chiese inizia la novena. Questa prima si faceva all’alba solo nella chiesa di san Francesco da Paola in Piazza Garibaldi, (ora in molte parrocchie della diocesi di Bari-Bitonto è stata ripresa l’antica tradizione di farla all’alba). La funzione si svolgeva di buon ora per consentire ai contadini, agli artigiani e ai commercianti di poter iniziare per tempo il loro lavoro quotidiano, in quel che era il punto di raccolta dei baresi perché la chiesa segnava il confine fra la città e la campagna. La novena la celebravano i frati domenicani in quel convento da molti lustri, fra giardini di aranci e limoni che adornavano il chiostro della chiesa.

I dolci e i liquori fatti in casa: tutti in cucina!

Questi giorni di attesa che ci separano dal Natale sono giorni di preparazione dei dolci e dei liquori fatti in casa. Sono giorni di gioia delle nonne, delle mamme, delle zie, delle sorelle grandi e dei …bambini. Tra antiche ricette tramandate dalle nonne e dalle mamme, tutti in cucina a preparare i dolci e i liquori in un tripudio di odori, sapori e colori. Ed ecco sui tavoli da cucina, l’alcol puro, gli estratti, e le bucce di limone (per la preparazione del limoncello). E uova, mandorle, farina zucchero, vainiglia, la magica polverina che dona ai dolci il profumo dei fiori, e poi la cannella, il vin cotto, ora spremuto dai fichi ora dalle uve, con cui si preparano cartellate, (il riccio di questo dolce vuol ricordare le lenzuola che Gesù non ebbe nella mangiatoia) e panzerotti ripieni di ricotta e di cotognata (questi dolci hanno la forma di un cuscino che al suo capo il Bambino Gesù non ebbe). In seguito tutta la gamma delle leccornie casalinghe: torroni, paste reali, castagnelle, chiacune, (fichi secchi fortificati con mandorle e cioccolato) occhi di santa Lucia, pasticcini così piccoli da sembrare i piccoli occhi che nelle immagini, la santa mostra su un piattino d’argento. Dura lunghi giorni la grande sagra dei dolci e dei liquori fatti in casa, che immediatamente si conservano in armadi tenuti ben chiusi a chiave onde evitare l’assalto dei figli e nipoti sempre affamati.

La Vigilia di Natale

Dal 13 dicembre al 23 le bancarelle e i negozi di frutta e verdura si riempiono di agrumi e verdure, finocchi, rape, cicorie, cavoli; e dominano montagne di frutta secca, mandorle, castagne del prete, noci e datteri, nocelline americane, lupini, olive in calce e in acqua. E i pescivendoli offrono sulle bancarelle illuminate a festa, anguille e capitoni, cascate di orate, triglie, cozze nere, cozze di San Giacomo, canestrelle, taratuffi e ostriche, fra alghe, verde fogliame e gialli limoni. E per magnificare tutta quella roba, e invitare la clientela all’acquisto esaltano con colorite espressioni la merce esposta. Il 23 tutti ai mercati rionali aperti tutto il giorno ad ultimare gli acquisti prima del cenone. Finalmente arriva la grande vigilia di Natale. Tutta la famiglia si sveglia all’alba. Le donne già alle prese con i fornelli, il capo famiglia da l’ultima sistemata al presepe, i bambini fuori a giocare per strada nonostante il freddo. La sera la cena sontuosa: “Spaghetti con il sugo di grongo, una sottospecie del capitone un po’ più spinoso, oppure con lo stesso capitone o le anguille. Capitone allo spiedo con foglie d’alloro arrostito sulle fornacelle, frutta di mare cruda, comacchio, baccalà e pesciolini sott’aceto e verdura e vino, vino, vino. E dolci, dolci e dolci”. E dopo la grande abbuffata chi va in chiesa per la messa e chi fa nascere a mezzanotte Gesù bambino in casa. La piccola statua è posta nelle mani del bambino più piccolo e tutti i famigliari dietro di lui, portando candele accese e facendo scintillare delle stelle filanti e cantando “Tu scendi dalle stelle”. Deposto il bambinello nella culla della grotta, il bambino più grande deve recitare la poesia, studiata con la maestra a scuola. La lunga vigilia termina con il gioco della tombola, del 7 e mezzo e del mercante in fiera e altri giochi.

Finalmente arriva il Natale

Il giorno di Natale le nonne, le mamme, le zie, tutte di nuovo in cucina a preparare il pranzo composto da: “Brodo di tacchino, con verdura, carciofi, baccalà e lampascioni fritti, frutti di mare e la frutta fresca e secca. E ancora dolci e liquori fatti in casa”. Il lungo pranzo termina con il caffè amaro (per digerire) fatto con la vecchia caffettiera e bevuto nelle tazze buone uscite dalle cristalliere. A Capodanno i presepi, soprattutto quelli baresi, vedono una novità nella scena della Natività: viene tolto dalla grotta il piccolo Bambino Gesù in fasce; e al suo posto viene collocato il Bambino della Strenna. Che è un Gesù ormai grandicello, con una tunica lunga seguendo -dicono gli storici- la tradizione bizantina. Poi, all’Epifania, il Bambino della Strenna viene di nuovo messo da parte e riprende il suo posto, nella mangiatoia, Gesù in fasce, in attesa dei re Magi che gli devono portare oro ,incenso e mirra. Quel Bambino della Strenna era una volta particolarmente attesa, perché era il Bambino appunto della strenna, un termine latino che sta per regali, doni: e quello era proprio il Gesù dei regali. La strenna era soprattutto denaro. A Natale non c’erano i doni che ci scambiamo ai nostri giorni. Il presepe si toglie il giorno dopo la festività del Battesimo di Gesù. Qualcuno ancora oggi rispettando l’antica tradizione, lo rimuove il 2 febbraio. Dopo la messa della presentazione di Gesù al tempio (chiamata comunemente Candelora), con la candela benedetta, ricevuta in chiesa, la famiglia radunata davanti al presepe, recita l’ultimo atto del Natale trascorso. Si iniziava con il canto: “Tu scendi dalla stelle”…, il bambino più piccolo toglie il Bambino Gesù dalla culla. I presenti danno un bacio al bambinello e, dopo aver mangiato qualcosa insieme, con un velo di malinconia si rimettono dentro i cartoni avvolti da giornali le statue del presepe.

Termino con una citazione di Michele Campione che diceva: “Ridatemi tutti i Natali perduti… E conservatemi l’acre profumo della buccia d’arancia nel tormento del fuoco e l’odore del vin cotto

Michele Cassano